PEREGO CATTANEO FARAVELLI - PANE QUOTIDIANO IN VIALE TOSCANA GENTE IN CODA - Fotografo: GRASSANI

È giusta l’enfasi che molti analisti pongono di questi tempi sul ruolo dell’imprenditorialità come fattore di crescita e di sviluppo. Con questo termine, che è diverso da impresa, si fa riferimento ad alcune abilità personali, come la capacità di intercettare un bisogno, di scovare un mercato, di trasformare un’idea in un prodotto. Si tratta di una risorsa che a volte è visibile, a volte è nascosta; ma quando viene attivata è in grado di dare una spinta significativa alla nascita di una attività economica. In una economia in crisi la spinta derivante da quelle propensioni può essere la carta da giocare per rimettere in moto i sistemi economici locali. L’impresa che nasce per effetto di questa spinta può essere profit o no; piccola o grande; di beni o di servizi; propensa a esportare o no; in ogni caso riempirà uno spazio che sarebbe rimasto vuoto, ossia uno spazio senza produzione. Dalla produzione bisogna ripartire, infatti, se si vuole crescere, lavorare, consumare, svilupparsi. E allora non bisogna indugiare oltre. Al centro di Catania bisogna mettere l’impresa giovane e innovativa, ossia quella che nasce per effetto di una spinta di imprenditori giovani e innovativi. Giovani perché è in quella fascia che si troveranno le spinte più propulsive; innovativi perché bisogna cercare nuovi mercati per rendere più proficuo lo sforzo. Occorre dunque creare uno spazio di diritti, accessibili a tutti, uomini o donne, etero o gay, bianchi o neri, giovane di età o solo di animo. Perché quello spazio sia effettivamente accessibile occorre attrezzarlo. L’attrezzatura è fornita dal sistema bancario, dal sistema universitario e da quello della pubblica amministrazione. Il primo fornirà le risorse finanziarie; il secondo le idee; il terzo il presidio del diritto.È solo attraendo in questo spazio risorse nuove e fresche che è possibile avviare un percorso di rilancio duraturo dell’economia della città. Le imprese innovative, infatti, sono quelle che hanno più possibilità di crescere e consolidarsi. Se si spingono più risorse verso questo impiego, l’effetto complessivo sarà quello di far crescere il sistema economico locale di più di quello che accadrebbe se si puntasse solo sugli impieghi tradizionali, come le grandi opere infrastrutturali. Questo impiego inoltre risveglia una antica propensione della città, ossia l’intraprendenza, la disponibilità a cominciare un nuovo percorso, la voglia di rischiare. Questa voglia è stata mortificata per troppo tempo da un sistema di flussi di risorse più legati alla appartenenza politica che a ragioni di natura economica. Premiare l’appartenenza politica risolve un problema immediato e soddisfa un bisogno, ma distrugge la capacità di crescere. Per mettere l’impresa giovane e innovativa al centro di Catania e per attrezzare lo spazio necessario occorre che il sistema bancario, quello universitario e quello pubblico modifichino la loro prospettiva. In particolare, occorre che il sistema bancario allunghi il suo orizzonte temporale per includere progetti di impresa più rischiosi, ma socialmente più remunerativi; che il sistema universitario non tema l’accusa di provincialismo, e lanci alcuni progetti sul territorio catanese; che il sistema pubblico riacquisti l’orgoglio di essere il principale presidio degli spazi di libertà delle donne e degli uomini di un territorio. Perché ciascuno di questi soggetti possa avviarsi sulla strada del cambiamento e della più forte responsabilità territoriale, occorre che ciascuno di essi possa appropriarsi di una parte della rendita sociale che certamente deriva da un vero percorso di crescita. Occorre che ciascuno possa sapere con chiarezza quali sono i vantaggi che ricaverà dall’essere socialmente più responsabile e con quale probabilità essi saranno ottenuti. Occorre un nuovo contratto territoriale, con le giuste clausole di garanzia e le eventuali penalizzazioni. Per firmare questo contratto occorre anche un po’ di coraggio. Ma quello ognuno deve trovarlo da solo, magari facendosi aiutare dal suo Dio.

Maurizio Caserta – docente di Economia politica alla facoltà di Economia di Catania

Pubblicato nel quotidiano “La Sicilia” del 10 Giugno 2012

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